Venerdì al circolo era una di quelle sere.
Era una di quelle sere che non ti va di stare buttato sul divano, sei stanco per leggere e la televisione manda i soliti culi e facce da..
Era una di quelle sere che il cielo notturno non fa vedere le stelle e se esci a fare una passeggiata parte coi rovesci.
Era
una di quelle sere che avresti dovuto esser contento perché comincia il
weekend, ma ti rendi conto tardi che per quella sera non hai programmato
nulla.
Era una di quelle sere che non trovi nessuno per una partitina perché c'è il Florence by Night
Era una di quelle sere che al circolo non ci doveva essere nessuno e invece ..qualcuno c'era.
Io
ero già sul malinconico andante: mi trascino per casa, mia moglie fa il
turno di notte, la mimma casca dal sonno... sarà la volta buona che apro
una vecchia dispensa e poi glielo dirò al maestro "toh guarda che gli
ho tolto la polvere da sopra...".
Era una di quelle sere che ti vedi a fare il bravo ragazzo e l'indomani ti sembra una sera sprecata.
Giulo e Paolo impegnati in un blizzino |
Sono le nove e trenta, troppo tardi per uscire di casa... ma arriva una foto in chat.
I maestri al circolo fanno una cosa diseducativa: i blizzini. E il diseducativo salva il venerdì da bravo ragazzo. Mollo la mimma ai nonni e salto in macchina.
Per
chi non conoscesse i blizzini parto con una domanda: ma che cax ci fate
su questo blog? Ma vi do anche la risposta: partite a 3 minuti + 2
secondi a mossa, tempo ufficialmente chiamato blitz.
Tutto istinto e memoria, non c'è tempo per calcolare.
La
partita parte sempre corretta ma ad un certo punto diventa la fiera
dell'errore. Quel punto dipende da chi sei tu. La mia svolta alla
seconda mossa, quella di un maestro magari alla quindicesima o forse
dopo ancora.
Era una di quelle sere in cui
Giulio Marmili era ispirato. Le sue partite non svoltavano. La squadra
di serie A2, meno i più giovani che spendevano il venerdì sera alla
maniera moderna, si alternava sul ring in bianco e nero, ma ad uno ad uno
venivano messi alle corde da Giulio... e si che lui è il capitano, ma
Lazar, Filippo e Paolo non scherzano.
"E' una di quelle sere
dove non vedo niente..." dice Paolo. E la tensione si allenta
sull'ultimo finale tra Giulio e Lazar che viene rianalizzato per chi non
vede niente la maggior parte delle volte: me.
E si che Giulio
conosce i suoi guerrieri, con ciascuno di loro prima del campionato si è
messo ad analizzare le loro partite e quelle degli avversari. Sa come
giocano, si è andato a spulciare le perle e gli scheletri del passato.
Bent Lasen nel 1998 |
Era una di quelle sere in cui era nell'aria...
Era
una di quelle sere in cui spuma e amaro la fanno uscire. Sicché pezzi
in mano Giulio la spara fuori più o meno così: "Filippo... ho visto una
tua partita in cui hai vinto di bianco in venti mosse contro un certo
Bent Larsen..."
"Quel Larsen?" dice qualcuno.
"Quello dell'apertura?" dice qualcun'altro.
Era una di quelle sere in cui la cosa è così sorprendente che non ricordi nemmeno se tu, se qualcuno o qualcun'altro.
Filippo
non risponde, guarda la scacchiera, ha un mezzo sorriso e degli occhi
che significano -cosavoetechevidicaerapropriolui- ma senza dirlo.
Così tutti a cercare sullo smartphone ed ecco spuntare la partita del 1992:
La partita si commenta da se... quello che non vi troverete scritto è che Filippo è davvero un signore.
Era una di quelle sere in cui la bomba non bastava, doveva arrivare anche la seconda, come Nagasaki dopo Hiroshima.
"L'ex campionessa del mondo?" ribatte qualcuno o qualcun'altro.
E Filippo, come a voler scansare l'occhio di bue: "Eh si ma a gioco corretto sarebbe stata patta."
Uno sportivo oltre che un signore.
Ciao a tutti, spero di reincontrarvi in un'altra di quelle sere.
Ciao a tutti, spero di reincontrarvi in un'altra di quelle sere.
Gabriele Amorelli
Il Maestro Filippo Pieri mentre riceve un premio dal nostro presidente Gabriele Amorellli in occasione di un recente torneo sociale |
Chiamato in causa, devo dire le due cose rimaste impresse di quel fantastico torneo di Milano, 1992 (La Gaprindashvili l'avevo battuta un anno
RispondiEliminaprima, ad Aosta, sotto la mitica neviacata), ospite di cari amici.
La seconda cosa. (tanto ormai è prescritta)
Ricordo bene lo scossone del treno quando riparte. Lo scossone mi risveglia alle 4 di notte e vedo dal finestrino il cartello azzurro 'Campo
di Marte' che si muove piano piano. Ma come? Qualche ora fa ho strapazzato all'ultimo turno l'ucraino ed ora mi tocca arrivare ad Arezzo per
poi tornare indietro chissà quando? No; la decisione è immediata: giacca e valigia; esco in fretta dallo scompartimento; corro per il
corridoio; apro il portellone (già, all'epoca c'era un maniglione per aprire la porta del treno). Il treno ha preso velocità, ma siamo ancora
sulla pensilina e la stazione è deserta. Altra decisione istantanea: butto giacca e valigia; ormai i ponti sono tagliati e in perfetto stile
Indiana Jones, salto.
Ricordo benissimo la fitta al piede dx e il mondo che comincia a rotolarmi intorno: pensinina (quasi finita), ruotone del treno, lampioni...
E ricordo che a fatica arrivo a piedi a casa, mi metto a letto, tremo come una foglia e piombo in un dormiveglia sospetto.
Il resto è cronaca ospedaliera: Careggi; amico medico; visita; lastra; gesso (ma devo metterlo davvero fino al ginocchio? Fino al ginocchio!
bell'amico); 40 gg con stampella. Ecco.
La prima cosa. Già la prima. Mi spiace, non ve la posso dire.