sabato 3 dicembre 2016

Campionato del Mondo 2016

Riprendiamo dal sito Cinquantamila.it l'articolo di Paolo Fiorelli apparso su la Repubblica del 2 dicembre.

La sfida ai supplementari dei due baby campioni. Trionfo pop per gli scacchi
la Repubblica, venerdì 2 dicembre 2016
Ha concluso con uno splendido sacrificio di Donna, la mossa più spettacolare nel gioco degli scacchi. Da vero Re. Eppure nessuno pensava che sarebbe stata così dura, per Magnus Carlsen.
Da una parte c’era l’indiscusso imperatore del gioco, il norvegese di 26 anni, da 7 anni primo nella classifica mondiale, l’ex bambino prodigio che aveva imposto la patta a Garry Kasparov, il vincitore di tutti i tornei a cui ha preso parte nel 2016. Soprannominato «il Mozart degli scacchi» per la naturalezza e l’(apparente) semplicità del suo gioco elegante, privo di forzature e in un certo senso persino di ambizione. Perché Carlsen di solito «snobba» gli schemi di gioco più famosi, quelli che puntano a ottenere un immediato vantaggio, e ne sceglie invece altri secondari, modesti, convinto che l’importante sia far durare a lungo la partita. Abbastanza a lungo da far rifulgere la sua «inevitabile» superiorità. Dall’altra parte il suo coetaneo Sergej Karjakin, un altro ex bambino prodigio (si sfidano da quando di anni ne avevano 10), nato in Ucraina ma naturalizzato russo nel 2009 con un decreto su misura del presidente Medvedev, che però contro Carlsen aveva vinto finora una sola partita in vita sua, e che occupava la nona posizione della classifica mondiale. Ma quel che più mi colpisce del giovane neo-russo è che, oltre che contro gli scacchisti, ha sempre dovuto lottare con un altro avversario: la balbuzie. E contro gli sbeffeggi online che accompagnavano spesso le sue interviste. Un piccolo linciaggio che Sergej ha sopportato con una gentilezza d’altri tempi.
Il piano di Karjakin è stato subito chiaro: chiudersi a riccio, costruire barriere su barriere nella speranza di esasperare il campione, di spingerlo a sbilanciarsi. E incredibilmente, è proprio quello che è successo. A ogni partita il norvegese ha osato un po’ di più. Già alla terza sembrava avere la vittoria in pugno: niente. Alla quarta, una maratona di 94 mosse per parte, sembrava davvero fatta; ma di nuovo il russo si salvava. Dopo una estenuante serie di sette patte (e già c’era chi ritirava in ballo la sinistra predizione della «morte degli scacchi per troppe patte»), nell’ottava partita Carlsen osava troppo, prendendo un rischio dopo l’altro, e il russo colpiva in contropiede. 0-1, con quattro sole partite da giocare. Lo shock era tale che Magnus abbandonava, gesticolando in maniera poco regale, la conferenza stampa dopo il match (e si beccava, per questo, una multa di 50mila dollari, poi ridotti a 25mila). Ma alla decima partita ecco la vittoria di Magnus, con un capolavoro posizionale di 76 mosse. Poi altre due patte e infine, sul 6-6, lo spareggio, i «rigori» degli scacchi: una serie di quattro partite veloci (il termine «veloce» va pesato considerando il peculiare mondo degli scacchi: si trattava di partite durate circa un’ora l’una. Quelle normali hanno sfiorato le sette ore…).
Anche qui la storia sembrava ripetersi; il campione in attacco, lo sfidante in difesa; e soprattutto un’altra, enorme occasione persa alla seconda partita di spareggio. Molti altri avrebbero subito il contraccolpo psicologico del «gol mancato». Ma Magnus no. Nella terza partita, pur avendo i Neri, è andato ancora all’attacco e ha trovato il punto del vantaggio. Per poi raccoglierne uno anche nella quarta, con uno splendido «Matto», realizzato sacrificando la Donna. (Vedi la sequenza nel filmato che segue: scacco di Torre in ottava traversa e sacrificio di Donna)

Un po’ come segnare un gol in rovesciata all’ultimo minuto. Risultato finale: 9-7 per il norvegese.
Il pubblico ha salutato il Campione cantando Happy Birthday: infatti nel giorno del trionfo ha compiuto 26 anni. E Sergej, molto signorilmente, si è unito al coro: «Faccio gli auguri a Magnus» ha detto «ma sono convinto che un giorno lo batterò. Sono giovane e prima o poi diventerò anche io campione del mondo». Forse è l’inizio di un’altra rivalità che farà la storia, come quella tra Fischer e Spasskij negli Anni 70, o quella tra Karpov e Kasparov negli Anni 80 e 90. Ma mi permetto di suggerire il nome di un possibile terzo incomodo: l’italoamericano Fabiano Caruana, attuale numero 2 del mondo, che fino al 2015 ha giocato per l’Italia, prima di esserci «scippato» a suon di contratto milionario dalla federazione statunitense. E a proposito di vil denaro: con la vittoria Magnus si porta a casa 600mila dollari, Sergej 500mila.
L’incontro è stato un successo mediatico: secondo gli organizzatori 10 milioni di persone in tutto il mondo hanno seguito le partite via Internet, quasi tutti con il telefonino. Ora che il risultato è deciso, non resta che rendere onore a entrambi i contendenti. Non per caso l’Independent ha scritto: «Lasciate perdere il mondiale di Formula 1, o la Champions: l’evento più emozionante di questi giorni si è svolto a New York. Ed era il mondiale di scacchi».

Paolo Fiorelli


Un libro sotto l'albero di Natale

Pessima mossa, maestro Petrosi
Fiorelli Paolo
Sperling & Kupfer


È una calda mattina di giugno a Urbavia, amabile cittadina del Centro Italia che vanta una splendida basilica cinquecentesca e un'impareggiabile ricetta a base di cinghiale. L'attenzione è tutta per le battute finali del torneo di scacchi organizzato dalla locale Confraternita scacchistica. Il Grande Maestro Achille Petrosi ha già fatto la sua mossa e, rompendo il silenzio in sala con il cigolio della sua poltroncina, sta aspettando irrequieto quella dell'avversario, che a dire il vero non si è ancora presentato. Quale imprevisto può aver trattenuto il Conte, uno dei favoriti alla vittoria? La risposta arriva poco dopo, quando l'uomo viene trovato senza vita nella sua villa, ucciso a coltellate. Turbato dalla morte del collega, Petrosi decide di indagare sull'accaduto con le poche armi che possiede: una spiccata propensione al pensiero logico, una grande curiosità e una conoscenza profonda del proprio piccolo mondo. D'altronde, ogni partita di scacchi non è forse un romanzo giallo in cui un Re viene assassinato, e bisogna capire come? Muovendosi tra la sua Urbavia e Cannes - dove affronterà la partita della vita - tra strozzini e trafficanti d'arte, Petrosi cerca, esplora, interroga (e s'interroga). Lo aiutano una mamma invadente, una studentessa russa che fa la badante ma sogna di diventare campionessa, un collega albanese che cerca fortuna in Italia. Ne emerge un quadro di invidie, gelosie e rivalità, in cui la verità sull'omicidio si rivelerà sorprendente e... paradossale.